
Il Mosaico
L’intera zona absidale è occupata dall’importante mosaico, una magnifica opera d’arte, esaltazione massima della grandezza divina. Il mosaico, policromo su sfondo dorato, delimitato da una lineare cornice scura, è stato eseguito dal mosaicista catanese Franco D’Urso (1900-1989), pictor musivarius, su disegno dell’artista locale Anna Cervi (suor Cristina 1929-2020), pictor imaginarius, per quanto i nomi degli autori, non indicati forse per loro libera scelta, sono stati menzionati solo di recente.
L’opera musiva, con i suoi circa 126 mq, copre e abbellisce l’intera zona absidale contribuendo a valorizzare l’intero edificio religioso che lo mostra con orgoglio alla contemplazione di fedeli e visitatori. Il mosaico, infatti, sacralità a parte, è decisamente la ricchezza principale del tempio, che non ostenta altrettante grandi opere pittoriche. Il mosaico, in particolare, ha il grande pregio di riproporci pagine di storia religiosa con i suoi personaggi, le scritte bibliche, i tanti simboli raffigurati. Soprattutto nella sua lettura e interpretazione, l’opera si divide idealmente in due parti, proponendo temi fondamentali: l’Eucarestia, riportata, in particolare, nella chiave dell’arco trionfale, la parte superiore, piatta, mentre nel catino absidale, centrale, concavo, più vasto, significativo e rappresentativo, è raffigurata l’Apocalisse. I vari passi biblici sono postati nel sottarco.
Nella parte centrale del catino absidale, ispirato all’Apocalisse, dove le tessere musive dorate sono un chiaro richiamo alla bellezza divina, campeggia e trionfa, seduto in trono, la figura di Cristo Pantocratore, avvolto da un’ampia veste da cui fuoriescono i piedi nudi e le mani con i segni impressi dai chiodi. Cristo regge con la sinistra il libro della sua identità con l’Alfa e l’Omega, la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, l’inizio e la fine, metafora dell’infinito.
Lo affiancano, sulla destra, stando in piedi, i due santi titolari della chiesa: San Benedetto da Norcia, che, rivolto verso il Signore, nel rispetto dell’iconografia più classica, tiene in mano il bastone pastorale, suo emblema, e l’esile figura di Santa Lucia, col capo coperto da un ampio velo rosso e l’immancabile foglia di palma, simbolo del martirio subito nel 304. Dalla parte opposta emerge la figura della Madonna Mediatrice, anch’essa in piedi, avvolta da un ampio velo violetto, quasi a simboleggiare la potenza dell’Altissimo che l’ha adombrata. La Madonna è rivolta verso il Figlio, pronta a intercedere per gli uomini e l’incontro tra i due è sottolineato da quell’impercettibile quasi “incontro-unione” delle mani che, anche se vagamente, sembra voglia ricordare il bellissimo gesto della “Creazione” riportato nella volta della Cappella Sistina di Michelangelo.

Un momento di particolare attenzione merita la figura di Cristo Pantocratore, centrale, dominante, chiaro riferimento a Cristo che, assiso e racchiuso in una sorta di “mandorla” nella gloria dei cieli, simboleggia l’Onnipotenza.
Sotto il Cristo Pantocratore sono raffigurati gli Evangelisti con i relativi simboli a sei ali per richiamare la figura di San Giovanni. Intorno, tra un ambiente tipicamente orientaleggiante, sono riportate, a carattere cubitale, due scritte di Gesù su due righe: DATA EST MIHI OMNIS POTESTAS IN CAELO ET IN TERRA (sx) (Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra) e EGO VENIT UT VITAM HABEANT ET ABUNDANTIUS HABEANT(dx) (Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza).
Sopra le scritte, tra un ceppo rigoglioso di vite, s’innalza una bella palma, alta, slanciata, per simboleggiare la bellezza (anche del martirio) e la prosperità. In particolare la palma è, come sappiamo, simbolo incontrastato di martirio, mentre la vite e la vigna identificano la nostra vita, innestata in quella di Gesù.

Nell’arco trionfale, la parte più alta, piana del mosaico, esaltazione dell’Eucarestia, è riportata per esteso la scritta lineare SIC DEUS DILEXIT MUNDUM UT FILIUM SUUM UNIGENITUM DARET (Tanto Dio ha amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito), con riferimento all’Eucarestia. Altre scritte bibliche sottostanti, separate dalla Croce e dall’Ostia consacrata, davanti alla quale si prostrano i profeti Isaia e Elia, ricordano la grandezza divina, come il passo sulla sinistra, tratto dal Vangelo di S Giovanni, 6,51, con riferimento all’Eucarestia: EGO SUM PANIS VIVUS- QUI DE COELO DESCENDI. SI QUIS MANDUCAVERIT EX HOC PANE-VIVET IN AETERNUM ET PANIS QUEM – EGO DABO, CARO MEA – EST PRO MUNDI VITA (Io sono il pane vivo, se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno e il pane che io darò, è la mia carne per la vita del mondo).
Al di sotto, sulla sinistra, un’altra scena dell’Eucarestia, il sacerdote offre il pane e il vino alla presenza dei fedeli, mentre, sul lato destro, un angelo ferma Abramo che sta per uccidere Isacco. Ancora altre scritte e simboli sono riportati nel sottarco, tutti con riferimento allo Spirito Santo.
A sinistra: SPIRITUS DOMINUS REPLEVITORBEM TERRARUM (Lo spirito del Signore riempie l’Universo) e VENI PATER PAUPERUM VENI DATOR MUNERUM VENI LUMEN CORDIUM (Vieni, Padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuori).
Sul lato destro si legge: EMITTER SPIRITUM TUUM ET CREABUNTUR ET RENOVABIS FACIEM TERRAE (Manda il tuo Spirito e saranno creati e sarà rinnovata la faccia della terra) e SPIRITUS SANCTUS DOCEBIT VOS QUAECUNQUE DIXERO VOBIS (Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa e tutto ciò che vi ho detto).
Tra le scritte riportate nel sottarco, al centro, è raffigurato lo Spirito Santo, rappresentato dalla Colomba con le ali aperte, mentre al di sotto delle scritte, sempre all’interno, sono riportati dei velieri con le vele gonfie dal vento e un pavone, per simboleggiare, il primo, lo Spirito che fa arrivare in porto, e il secondo, l’immortalità dell’anima.


Alla base del mosaico, lateralmente due angeli, in piedi, in atteggiamento di preghiera, mentre le scritte dedicatorie ricordano l’anno, il parroco e l’arcivescovo al momento della consacrazione della chiesa.


Fin dal periodo paleocristiano, ma soprattutto bizantino, le rappresentazioni anche musive miravano a ricordare ed esaltare il Padre Eterno. Fra le tante, ricordo, l’oculo riportato nella parte alta del prospetto della chiesa di S.Antonio di Padova o Santuario di S.Ignazio, dovuto al trevigiano Angelo Gatto, autore anche dei diversi mosaici interni, la maestosa raffigurazione nell’abside della chiesa cagliaritana conventuale di S.Francesco, quartiere La Vega, quella nella Cattedrale di Santa Maria a Pisa e quella, sempre musiva, ammirata all’esterno nella Basilica lucchese di San Frediano. E’ degna di menzione anche la raffigurazione pittorica, molto significativa, che si ammira nella chiesa di S.Maria Maggiore, a Firenze, opera di Andrea Bonaiuti (1365-67)..