I laici possono dare tanto alla Chiesa per i ragazzi servono sacerdoti giovani

Da Il Portico, 04/09/2011

I nostri preti: Mons. Pietro Meledina lascia dopo 21 anni la parrocchia di S. Benedetto. L’impegno culturale e il lavoro nei paesi, il Teatro Santo Lucia. E ai preti più giovani: “Un errore fermarsi in un posto pensando di essere arrivati”

 

Si può fare un bilancio di questi vent’anni?

Sono contento che qui arrivi un giovane sacerdote nel pieno delle forze. Quand’ero ad Elmas, dissi al Vescovo che dopo 16 anni avevo le batterie consumate, che potevo cominciare in una nuova parrocchia. La mia preoccupazione è che la comunità non si fermi. Anche i miei predecessori non erano giovani: in quest’ ambiente si risente dell’età, anche se si viene accolti molto bene.

Si possono riportare i giovani in Chiesa?

Si, a patto che ci sia un giovane che cammina con loro. È successo anche a me nelle altre parrocchie: se sto con loro, posso chiedergli tutto. Hanno necessità di un giovane prete che li accompagni. Qui ho avuto una buona esperienza, pensi al Teatro Santa lucia. Non capivo nulla di teatro ma sto con loro, Ii seguo, li ho accolti. Se i giovani si sentono accolti, vanno avanti e partecipano. Per questo sentivo la necessità di passare la mano: consideri che qui sono il sacerdote più giovane.

Si dice che sacerdoti e laici nella Chiesa non vadano d’accordo, mentre lei ha sempre avuto un buon rapporto con i laici. Cosa ne pensa?

Sono sempre stato al loro fianco, l’ultima mia grande esperienza è stata ad

Elmas. Arrivai senza titolo, senza congrua e senza casa. Ma la popolazione mi volle subito residente, anche se mons. Botto mi aveva detto di viaggiare dal seminario, Mi sistemarono un appartamento, dove poi abitarono anche i miei genitori, fin quando non si è liberata la casa parrocchiale. Uno dei miei difetti è che quando mi nominano parroco, divento residente in quella parrocchia. Forse faccio male.

Perché?

Ogni tanto dev’esserci uno stacco, almeno per le vacanze estive. Ci ritroviamo qualche volta ancora con quelli della camerata (del seminario, nda): Elvio Madeddu, Tonio Tagliaferri, Mariolino Secci, Raimondo Podda ed io.

Quanto possono dare i laici alla Chiesa?

Molto; ho seguito anche l’esperienza dei Cursillos, perché cercavo di capire cosa facessero, Vede, sono sempre stato il parroco di tutti, pur aprendo le porte a tutte le esperienze, da cui tutti possiamo attingere e arricchirci. Ho avuto sempre una grande corrispondenza con i laici; a Elmas ho fatto anche il capopolo, ho fatto parte anche del Comitato per l’autonomia del paese. Abbiamo fondato insieme la Polisportiva, il coro parrocchiale.

Com’è cambiata la fede dei cagliaritani in questi anni?

È rimasta tradizionale, anche se questo rione si è trasformato con la nascita delle nuove parrocchie intorno a questa zona la nostra popolazione è fatta per il 70% di persone adulte, che continuano a frequentare. Abbiamo fatto diversi tentativi di evangelizzazione culturale, a partire dal post-concilio.

È passibile oggi secondo lei una nuova “San Benedetto” (un’associazione di laici attiva in parrocchia negli anni 70, ndr)?

Sono tempi diversi, oggi quelli sono tutti professionisti stimati. Ma noi non ci siamo fermati alle omelie, abbiamo organizzato parecchi incontri in parrocchia, sull’islamismo, l’ebraismo (con la professoressa Maria Grazia Pau) o sulla bioetica, con padre Umberto Burroni. Poi perso ai tanti concerti per le Schola Cantorum Coro di Cagliari e alle Lectio divinae con don Franco Puddu.

 

In questa parrocchia sono nate numerose vocazioni: sacerdotali diocesani e missionari. Che spiegazione dà?

Con gli altri preti mostriamo tura vita ordinarla nel nostro essere presenti in Chiesa. Senza volerlo, forse essendo anziani diamo l’immagine del sacerdote di un tempo.

Che giudizio dà dei giovani sacerdoti?

Buono. Ora son tutti fissati con lo studio delle lingue… Per i quarantenni invece il pericolo fermarsi in una parrocchia pensando di essere arrivati. Ad una certa età la cosa più bella è cambiare.

Sta dicendo che sbaglia chi rifiuta gli spostamenti?

Si, di sicuro. Noi non abbiamo mai detto di no al Vescovo andiamo dove ci mandano, Ero viceparroco a Pirri, l’arcivescovo di allora mi disse di andare a Castiadas a sostituire don Modesto Puddu: non ho detto nulla, pur essendo impegnativo. Mi son trovato benissimo, pur avendo tre parrocchie e otto cappelle da seguire. Ogni domenica le giravo tutte, fino a Cala Sinzias e a Tuerra e non mi mancava mal nulla.

Che ricordi ha del seminario?

Abbiamo cominciato in prima media, con Mariolino Secci e Ninetto Vacca a Dolianova, Cagliari e infine Cuglieri. Abbiamo vissuto, e si è servita. I primi quattro anni ero assistente di padre Furreddu, era “grottesco” (scherza, si riferisce al fatto che andava nelle grotte, ndr). e io aiutavo nei laboratori. Negli ultimi anni sono stato assistente di padre Di Girolamo e la sua “Lega di perseveranza”. Riuscimmo a fumare anche qualche sigaretta.

Qual è il suo consiglio a don Massimo Noli, che le subentra?

Arriva in un ambiente in cui il sacerdote è stimato, e sarà accolto bene.

 

Sergio Nuvoli

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